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12/06/2020
L'attività di tutoraggio é un elemento fondamentale nei percorsi di formazione professionale che coinvolgono i ragazzi dai i 14 ai 24 anni. Uno strumento di motivazione e sostegno molto importante per gli allievi, attraverso il quale si cerca di rispondere in modo personalizzato alle loro esigenze. Personalizzazione e differenziazione sono infatti le basi su cui si fonda questa attività.
Attività complessa e difficile già nelle normali condizioni della didattica in presenza, ancor più ardua da realizzare con la didattica a distanza.
Ma quali sono state le strategie messe in atto nei centri Enaip?
Gian Carlo Cerruti, di ISMEL, l’Istituto per la Memoria e la Cultura del Lavoro, ha intervistato i nostri tutor Francesca Tommasino, di Enaip Nichelino, Fabio Belci, di Enaip Torino e Silvia Formia, di Enaip Grugliasco.
Un confronto in cui sono emersi la volontà di sostenere i ragazzi senza mai lasciarli soli, lo sforzo di interpretare anche i loro silenzi, di dare valore alle loro emozioni, di cercare, con ogni strumento, di non interrompere la loro crescita professionale e umana.
“L’aula virtuale crea un distacco – ha raccontato Tommasino. In questa situazione siamo dovuti andare a cercare i ragazzi a casa, non potevamo più incontrarci in corridoio. Ma ciascuno di loro aveva bisogno di sentirsi importante e di sapere che il suo percorso non aveva perso valore, nonostante l’improvviso cambiamento. Ciò che non è cambiato è stato proprio il bisogno di incontrarsi, tanto che molte volte mi è capitato di interrompere le lezioni di didattica per poter dar voce alle loro emozioni.”
“Ci siamo attivati in modalità diverse per fare in modo che tutti potessero avere gli strumenti necessari – aggiunge Belci. L’incontro è il fulcro del lavoro del tutor: in queste settimane dovevo chiedere ai miei allievi di rimanere collegati dopo la fine della lezione per potermi relazionare con loro.”
Formia racconta che “non esiste una dimensione di intimità nelle case dei nostri studenti. Lo smartphone è l’unico oggetto personale che hanno, per questo abbiamo deciso di incontrarli lì, attraverso gli strumenti che appartengono al loro mondo: Whatsapp, i social, Youtube.
In questi mesi abbiamo dovuto ripensare a tutte le lezioni “pratiche”, di laboratorio e di stage. I nostri ragazzi “devono fare” per poter apprendere. Ci siamo fermati a riflettere sul senso delle cose che facevamo, sulle motivazioni che ci spingevano a farlo, ci siamo confrontati e ascoltati: è stata dura ma ha funzionato! Abbiamo creato percorsi simili alle attività di laboratorio, che lo simulassero: abbiamo utilizzato piattaforme virtuali, allestito negozi in casa con quello che si aveva a disposizione, abbiamo realizzato una guida turistica da casa, adatta a quando saremmo potuti tornare a viaggiare.”
Fare formazione non significa solamente trasmettere nozioni; formazione è anche capacità di relazione, di confronto, di aggregazione e cooperazione e a volte anche di conflitto, come espresso da Cerruti.
Questa emergenza, questa nuova modalità di fare didattica ha però lasciato anche qualche aspetto positivo: in primo luogo i ragazzi hanno sviluppato competenze digitali che non pensavano di avere e hanno capito che, se vogliono, possono imparare e sono capaci di farlo; allo stesso modo quest’emergenza ci ha fatto riflettere sull’importanza dell’impatto tecnologico nella didattica e quanto ci sia ancora da sviluppare. In secondo luogo è emersa l’importanza del confronto tra colleghi, che possono offrire aiuto e chiavi di lettura diverse per risolvere problemi, ma soprattutto il potere della relazione con gli studenti, un potere molto forte che ha funzionato lungo tutto il percorso e che ha permesso di arrivare fino alla fine.
“La vita di scuola è una vita di relazione – commenta Formia – e in queste settimane i ragazzi si sono sentiti parte della nostra vita, perché si è rafforzato molto il rapporto a livello individuale."
Per vedere l'intervista completa, clicca qui: https://youtu.be/3zu05NU8AX0
Autore: En.A.I.P. Piemonte
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