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05/06/2020
Ci sono giorni in cui nulla ha un senso e giorni in cui capisci che tutto il senso che cerchi può stare in poche righe, come queste, che ci ha scritto una nostra giovane allieva di Enaip Grugliasco.
«Ho iniziato questo corso all’Enaip per rimettermi in gioco. Venivo da un precedente percorso di studi che non era andato come avevo sperato e, oltre ad aver perso la fiducia nella scuola in generale, l’avevo persa anche in me.
Inizialmente credevo che questa scuola fosse come le altre, un luogo dove passare i giorni ad imparare un mestiere, con professori che avevano solo il compito di formarti professionalmente, ma già dai primi giorni ho capito che non sarebbe stato solo questo.
Ho trovato persone che prima di essere professori erano amici e qualche volta anche genitori, persone che sono riuscite a formarmi e a farmi crescere….
Il primo anno eravamo una classe molto particolare e difficile. Ognuno con una storia personale ed un’età differente, qualcuno nemmeno sapeva parlare italiano e tutte queste caratteristiche in molte occasioni sono state la debolezza più grande della classe, ma alla fine si sono rivelate la nostra grande forza.
Con il passare del tempo siamo riusciti ad unire ogni nostra qualità e realizzare un percorso che potesse farci raggiungere un obiettivo comune, che andasse aldilà della qualifica finale.
Negli anni abbiamo imparato a fare gioco di squadra, dandoci forza e confrontandoci, a volte anche in maniera forte, per poter crescere tutti insieme.
Ognuno di noi ha una propria personalità, qualcuno è più estroverso di un altro, ma tutti abbiamo dimostrato di essere all’altezza di ciò che ci veniva assegnato e molte volte sono rimasta sorpresa dei risultati ottenuti.
In tre anni qualche nostro compagno ha deciso di intraprendere altri percorsi o semplicemente di terminare prima del tempo questo e le crepe formate da queste scelte a volte si sono fatte sentire. Prima di essere compagni di classe, ed a volte colleghi di lavoro, eravamo amici e credo fosse normale vivere queste decisioni come degli abbandoni. Tutti, nel corso del tempo, abbiamo avuto i nostri i dubbi creati da paure e da insicurezze. In alcune occasioni, forse sbagliando i modi, ho cercato di spronare i miei compagni con maniere più o meno severe, ma era solo perché ho sempre creduto nelle loro potenzialità e volevo che ci credessero come me. Qualcuno potrebbe non averlo capito, ma ciò che conta è che siamo arrivati tutti insieme alla fine di questo percorso, sicuramente più uniti di come eravamo all’inizio.
Il periodo brutto che abbiamo passato, per causa del Covid, ha fatto emergere ancora altri nostri punti di forza. Onestamente non ero sicura di cosa avremmo potuto fare, lo stage era saltato e tramite uno schermo sarebbe stato difficile restare uniti per poter realizzare una qualunque cosa. Eravamo scoraggiati, distanti ed impauriti e tutto ciò ha portato in me insicurezze.
Sono sempre stata quella che nella classe portava sicurezza, per via del mio carattere forte, ma in quel periodo iniziale non riuscivo a dare certezze nemmeno a me stessa. I miei compagni mi hanno aiutata moltissimo, per la prima volta in tre anni erano loro che davano coraggio a me e mi davano un motivo per continuare, nonostante nessuno sapesse bene dove saremmo potuti andare.
Uno dei nostri grandi punti di forza è questo, non mollare mai. Perché in tre anni abbiamo avuto parecchie difficoltà, alcune delle quali hanno portato periodi veramente bui, ma non abbiamo mai pensato nemmeno per un attimo di mollare.
L’ultima grande dimostrazione è stata quella della realizzazione di una guida sul Piemonte, che abbiamo fatto durante la quarantena. Ognuno di noi ha sviluppato un proprio viaggio, mettendo a punto varie sfaccettature dell’itinerario e trasformandolo in un vero e proprio progetto da esporre durante l’esame. Di pari passo abbiamo scritto la relazione, che spiegava ogni parte del lavoro svolto e che raccontava, tra le righe, la nostra vita ai tempi del Covid. Credo sia venuto fuori un buon lavoro ed io sono molto soddisfatta di ciò che abbiamo realizzato.
La terzatì, come la chiamiamo noi, è stata per me un’occasione di crescita ed è riuscita a tirare fuori un mio lato che non conoscevo. Ho trovato amici, alcuni dei quali diventati famiglia, professori diventati parte fondamentale della mia vita e mi porterò sempre questa esperienza nel cuore, augurandomi che possa essere servita allo stesso modo anche ai miei compagni».
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